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“Stay fake”. Tra fake news e giornalismo reticolare

Viaggio nel regno delle bufale, dove la verità è più elusiva di un bigfoot in un bosco buio
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Chi ha bisogno di analizzare le fonti quando possiamo decifrare il significato nascosto di un articolo attraverso le emoji? Nell’era delle notizie “alternative” e delle teorie del complotto che renderebbero il Grande Fratello geloso, ci immergiamo nel mondo avvincente e surreale delle fake news. Prepariamoci a un viaggio nel regno delle bufale, dove la verità è più elusiva di Bigfoot in un bosco buio. Le fake news, o notizie false, rappresentano una minaccia sempre crescente per la società contemporanea, influenzando l’opinione pubblica e mettendo in pericolo la fiducia nelle fonti di informazione. Attraverso una panoramica su eventi di cronaca, muovendoci tra grottesco e criminale, esploreremo le conseguenze sociali delle fake news e l’importanza di combattere questa diffusione distorta di informazioni.

Un esempio emblematico è l’interferenza russa nelle elezioni presidenziali statunitensi del 2016. Le fake news diffuse su piattaforme sociali hanno influenzato l’opinione pubblica e sollevato dubbi sulla legittimità del processo elettorale, quando il collettivo hacker Sandstorm ha preso parte alla sfrontata operazione della Russia per far deragliare le elezioni presidenziali statunitensi. Altro territorio fertile per il fenomeno delle fake news è stata la pandemia di COVID-19, che hanno contribuito alla diffusione di teorie del complotto, in alcuni casi mettendo in pericolo la salute pubblica mondiale. Dai falsi rimedi alle cospirazioni sulla diffusione del virus, la disinformazione ha reso la gestione di questo complicato momento ancora più complessa e farragginosa. Ricordiamo ancora oggi il surreale decalogo di buone procedure per sconfiggere il virus come fare i gargarismi con la candeggina; assumere acido acetico o steroidi;  utilizzare oli essenziali e acqua salata o bere bevande calde per proteggersi dall’infezione da nuovo coronavirus. Le principali piattaforme social hanno spesso fatto da veicolo per la diffusione delle fake news, come gli sternuti per il Covid. La responsabilità delle aziende nel contrastare questo fenomeno è diventata una questione centrale nel dibattito pubblico e continua a richiede sforzi congiunti da parte dei governi, delle aziende tecnologiche, dei media e dei cittadini. La consapevolezza dell’entità del problema, la verifica delle fonti e il sostegno al giornalismo responsabile sono fondamentali per contrastare la diffusione di notizie false. Solo attraverso un impegno collettivo possiamo preservare l’integrità dell’informazione e promuovere una società informata e consapevole.

Ma un preoccupante fenomeno ha preso corpo con la diffusione crescente di notizie false che circolano in rete. Charlie Beckett, rinomato giornalista e professore presso il Dipartimento di Media e Comunicazione alla LSE di Londra lo chiama “giornalismo reticolare”, ovvero la bizzarra propensione del web di concedere la stessa dignità di notizia al New York Time e alla voce del primo terrapiattista di passaggio.

di Francesco Catania

Scrive Francesco Specchia sulle pagine di Libero: <<Mettere sullo stesso piano la realtà fattuale e la minchiata non è punibile ma eticamente comporta malafede. Nella comunicazione informativa attuale anche dimostrare scientificamente la falsità di alcune posizioni non conta più. Se la confusione è continua e totale quello che finisco per credere è che tutti mentano, in un modo o nell’altro. Non c’è più autorità che tenga, o quasi. Il caos è la finalità ultima. E serve. Ecco perché vincono le fake news. E il discorso si allarga, così, d’emblèe, ai social media che diventano le nuove agenzie stampa; e ai tweet e ai like trasformati per magia in notizie; e ai trend topic vestiti come “la voce del paese”, il sondaggio plausibile…Il meccanismo è doppio. Qualche tweet entra in circolo, vero o falso non importa, ed è rilanciato da blog, giornali, tv. Un cinguettio entra nell’agenda, anzi diventa l’agenda>>.

Rilancia Paola Prandoni dalle pagine de L’Inkiesta, parlando del caso di cronaca della ristoratrice di Lodi, suicida dopo aver ricevuto valanghe di insulti sui social a causa di una sua recensione ritenuta falsa:

<<C’entrano i social, ma c’entrano anche tanto i giornali e il modo in cui – oggi – siamo costretti a “coprire” le notizie che non lo erano. In un universo editoriale bulimico, nel quale non solo si deve arrivare per primi a dare le notizie, ma bisogna anche costruirle a tavolino in modo che facciano click, e portino visibilità e lettori, ma soprattutto che portino numeri alla testata che così potrà vendere la pubblicità ai suoi inserzionisti.. Quando i giornali erano rispettabili e avevano reputazione, le notizie venivano selezionate (in fondo è questo, forse, il compito e il potere della stampa: decidere di che cosa si parla e come) e quelle a cui veniva dato spazio erano – effettivamente – cose importanti da sapere, la cui eco valeva la pena di aumentare, per far comprendere meglio il reale, per dare strumenti utili, per prendere decisioni o anche per fornire opinioni>>.

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Last modified: Febbraio 8, 2024
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