Livorno (venerdì, 30 maggio 2025) — — Ieri sera, in occasione dello StraBorgo Festival di Livorno, i Modena City Ramblers si sono esibiti in un concerto travolgente, carico di energia, emozione e coscienza. La band, attiva dal 1991, è tra le voci più iconiche del folk rock italiano, capace di mescolare melodie popolari e testi fortemente impegnati. Durante la serata non hanno solo fatto ballare e cantare, ma anche riflettere, toccando temi fondamentali come il ripudio della guerra, la libertà, la pace e la difesa dei diritti umani. Prima del concerto ho intervistato Dudu Morandi, cantante e anima storica del gruppo.
Di Benedetta Rubini
I vostri testi hanno sempre avuto un forte impegno politico e sociale. Il tema della Resistenza è ricorrente: cosa significa per voi “resistere” nel 2025?
Per noi resistere oggi significa dare continuità a un’eredità importante, quella della memoria antifascista e dei valori che hanno fondato la nostra Costituzione. Purtroppo i protagonisti della Resistenza sono sempre meno e tocca a noi raccontarne la storia ai più giovani. Lo facciamo da anni con le nostre canzoni, quest’anno, in particolare, che ricorre l’ottantesimo anniversario della Liberazione, sentiamo ancora più forte il dovere di testimoniare da dove viene il nostro Paese e cosa significa davvero “essere resistenti”.
Avete una lunga carriera alle spalle. Se potessi tornare indietro, rifaresti tutto allo stesso modo o cambieresti qualcosa?
Sì, lo rifaremmo. Certo, si può sempre fare meglio, ma abbiamo fatto le nostre scelte con coerenza, senza inseguire le mode o il successo a tutti i costi. Questo ci ha permesso di costruire un rapporto autentico con il pubblico, che continua a seguirci, soprattutto tra i giovani. Ed è questo che ci dà fiducia nel futuro: sapere che le nuove generazioni si riconoscono ancora nei nostri messaggi.
Come mantenete viva la creatività dopo tanti anni, e cosa significa per te essere creativi oggi?
La creatività, per noi, è la capacità di esprimere in modo semplice e diretto ciò che sentiamo. Quest’anno, ad esempio, abbiamo pubblicato un libro collettivo di Racconti Resistenti, per celebrare l’ottantesimo anniversario della Liberazione. È stato un modo diverso per raccontare, ma sempre con lo stesso spirito. L’importante è riuscire ad arrivare a chi ci ascolta, senza filtri, con sincerità.
Che rapporto avete con la tecnologia e, in particolare, con l’intelligenza artificiale, che secondo alcuni potrebbe sostituire gli artisti ?
Personalmente non credo che l’intelligenza artificiale potrà mai sostituire del tutto l’essere umano, almeno nell’ambito artistico. Potrà imitare, certo, ma non potrà mai metterci davvero l’anima e il cuore. Noi, ad esempio, non la usiamo e non ne sentiamo il bisogno. Chi ha voglia di creare troverà sempre uno spazio in cui farlo.
Cosa pensi della musica di oggi, in particolare della trap, spesso accusata di trasmettere messaggi negativi come sessismo o violenza?
La trap è un genere musicale e come tale merita rispetto. Dire che “tutta la musica di oggi fa schifo” è lo stesso errore che i nostri genitori facevano con la musica che ascoltavamo noi. Certo, non tutto ci piace, ma ci sono anche cose valide. Se ai ragazzi piace, è giusto che ci sia. L’importante è non generalizzare.
Che consiglio daresti a un giovane che oggi vuole fare musica rock o punk?
Il consiglio è semplice: fatelo come si faceva una volta. Andate in sala prove, suonate, sbagliate, ricominciate. Salite sui palchi, anche quelli piccoli: è lì che nasce la musica vera. Purtroppo in Italia oggi mancano i locali che supportano la musica dal vivo, ma proprio per questo è importante insistere.
Last modified: Giugno 3, 2025